I want my best friend back., Mercoledì 19.12.2007/mattina.

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view post Posted on 6/12/2011, 21:27
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Helen Sylvie De la Croix, - 12.05.1992 (15) -

Dicembre, il mio mese preferito in assoluto. La neve, quella tipica atmosfera natalizia che lo caratterizza, le luci di natale, l'albero e tutte quelle altre cose che si fanno in quei giorni, erano da sempre la mia passione. Il rito del Natale per me era una vera e propria tradizione e proprio come ogni anno trascorrevo parte del mese a casa di mio padre, a Parigi, o meglio in un paesino di montagna vicino Parigi. Beh quella non era proprio una delle mie parti preferite, non che non mi facesse piacere passare del tempo con mio padre, però da quelle parti non conoscevo nessuno e tendevo a passare tutto il mio tempo chiusa in casa a leggere e leggere, guardare vecchi film e strafogarmi con cioccolata calda e dolcetti vari, cosa di cui mi pentivo appena qualche istante dopo e così'mi dedicavo a lunghe, lunghissime, passeggiate in riva al fiume, sulla quale si affacciava il retro della casa. Ma quell'anno il mio dolce paparino aveva ben pensato di porre rimedio alla mia solitudine, come? Aveva invitato a trascorrere una settimana insieme a noi, niente po' po' di meno che Henry in persona, il mio migliore amico di sempre, colui con cui non mi annoiavo mai. Peccato che mio padre avesse proprio beccato il momento sbagliato per far convivere me ed Henry per una lunga settimana, sotto lo stesso tetto, 24 ore su 24. Già perchè quello che il mio caro papà non poteva sapere era che io e Henry da un mese a questa parte, praticamente a stento ci calcolavamo, diciamo che il massimo del nostro rapporto si poteva ricondurre a dei semplicissimi saluti. Chi lo avrebbe mai detto eh? E dire che un tempo eravamo inseparabile e adesso sembravamo quasi due estranei. Ma che colpa ne avevo io se lui non riusciva proprio a vedere la realtà? Io ne ero innamorata da anni e lui continuava a trattarmi come una bambina e si sa, se si tira troppo la corda, la corda si spezza; ecco la nostra corda si era spezzata, andata in mille pezzi. Per la prima volta in vita mia avevo quasi sperato che rifiutasse di venire con me, ma Henry non lo avrebbe fatto mai, era troppo legato alla mia famiglia per dare questo dispiacere a mio padre.
Ormai erano giorni che ci trovavamo lì e il nostro rapporto non era affatto migliorato, continuavamo ad ignorarci, tranne nei momenti in cui proprio non potevamo farne a meno, era così strano, non mi sarei mai immaginata che le cose tra noi potessero finire così.
Quella mattina non ci eravamo ancora nemmeno visti, dopo essermi lavata e vestita, ero scesa giù in cucina, a far colazione e dare da mangiare a Cherì, il mio piccolo cagnolino che portavo sempre con me. Papà doveva già essere andato a lavoro, perchè sul tavolo trovai un post-it in cui aveva scritto che tutta la roba natalizia si trovava nel salone, che meraviglia, finalmente si era deciso a tirar fuori tutta la mia roba per il mio albero di natale, non vedevo già l'ora di iniziare. Preparai del caffè, abbastanza da bastare per me ed Henry, nonostante non fossimo in ottimi rapporti non lo avrei di certo lasciato morire di fame, era comunque mio ospite e preparai delle frittelle, non si direbbe ma me la cavavo piuttosto bene ai fornelli. Chissà quando si sarebbe fatto vivo, non sapevo se aspettarlo o lasciarlo lì a mangiare da solo, ma poi scelsi la prima opzione, infondo avevo anche bisogno di una mano per mettere su il mio albero, piccolina per com'ero avevo molte possibilità di finire schiacciata mentre lo addobbavo, che triste fine. Così mi arresi all'attesa e presi posto su uno degli sgabelli che circondavano l'isola della cucina, con lo sguardo perso nel vuoto o meglio, su quei fiocchi di neve che iniziavano a venir giù.

" Just take my hand and hold it
You don't have to be alone "

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HENRY DARCY TUDOR 07.07.1990 (17) - STUDIA PRESSO LA CONSTANCE & ST. JUDE SCHOOL

Ero a Parigi da un pò di giorni, ormai. Il padre di Helen, la mia migliore amica, mi aveva invitato a trascorrere lì qualche settimana, per tenere compagnia alla sua figlioletta adorata, che altrimenti si sarebbe annoiata. Ma non ero stato subito felice d'accettare l'invito. Fossero stati altri tempi, certamente, non c'avrei pensato due volte. Adoravo trascorrere il tempo con Helen. Io e lei eravamo cresciuti assieme, quasi come fratello e sorella. Le volevo un bene dell'anima, e qualsiasi cosa facessimo, per me era sempre andata bene, purchè stessimo assieme. Ma da un pò di tempo a questa parte, senza che riuscissi a comprenderne il motivo, le cose erano cambiate. Tutto d'un tratto, avevamo smesso d'andare d'accordo. Ogni scusa, era buona per cominciare a litigare. Sembrava che ad Helen non andasse mai a genio qualsiasi cosa io facessi. Aveva sempre di chè lamentarsi, soprattutto, odiava il fatto che non riuscissi ancora a vederla come una ragazza. Insomma, per me era sempre stata una sorta di sorellina più piccola, e ancora, non ero stato in grado di accettare che oramai non avesse più otto anni, ma quindici. Non potevo darle torto, ecco. Immaginavo che una situazione del genere, potesse essere piuttosto fastidiosa (ero figlio unico, per cui non avevo mai potuto provarlo sulla mia pelle), ma in fin dei conti, avrebbe dovuto capirmi! Si sà che è un difetto ricorrente di tutti i fratelli maggiori, quello di considerare perennemente una bambina la propria sorellina, e di volera proteggere sempre e ad ogni costo dal mondo esterno. Ed io, ripeto, essendo per lei, più che un amico, una sorta di fratello acquisito, ovviamente, avvertivo gli stessi sintomi. Comunque, fatto stà che, alla fine, per un motivo o per un altro, avevamo preso ad allontanarci, giorno dopo giorno, fino a sparire, l'uno per l'altro. Era una situazione che, di certo, non poteva starmi bene, Uscire fuori dalla sua vita, non essere più tenuto a sapere se stesse bene o male, cosa facesse, o come le andassero le cose, mi dava sui nervi. Eppure, non ero ancora riuscito a prendere in mano la situazione. Volevo aggiustare le cose, però non mi sentivo neanche in dovere di fare il primo passo. Insomma, non era mica soltanto mia la colpa. Se a lei non importava più niente di me, di noi, che motivo avrei avuto io, di presentarmi d'avanti la sua porta di casa, per rimettere le cose apposto? L'invito del signor De la Croix, appunto, era stato una sorta di scusa, per provare a riavvicinarmi ad Helen. Più che altro, speravo che vivendo per mezzo mese sotto lo stesso tetto, alla fine, uno dei due, avesse trovato il coraggio di affrontare il discorso. E così, alla fine, avevo detto di sì. Anche se.. Beh, adesso non riuscivo più ad esser certo d'aver presto la scelta giusta, visto e considerato che, eravamo già arrivati da cinque giorni e ancora, oltre al buon giorno del mattino, e alla buona notte prima di andare a dormire, non avevevamo scambiato più di qualche parola, tra l'altro distaccata, e carica d'imbarazzo.
Quella mattina, mi svegliai tardi. Quando scesi al piano di sotto, infatti, trovai Helen ad aspettarmi in cucina, su uno sgabello. C'era odore di frittelle, e di caffè. Mentre mi avvicinavo, gettati lo sguardo verso il tavolo: aveva preparato la colazione, per entrambi. Così sorrisi, felice. Quello era un buon segno, poteva essere un inizio.
«Buon giorno, signorina». Provai a fare il disinvolto, a comportarmi come avrei fatto se tra me e lei, fosse ancora tutto a posto. La raggiunsi, e mi sedetti a mia volta sopra ad uno sgabello, di fianco a lei. Afferrai la bottiglia con l'acqua, e me ne versai un pò in un bicchiere vuoto. «Dormito bene? Che programmi abbiam.. Hai per oggi?.» Di buon umore sì, ma non volevo di certo farle pensare che fossi impazzito. Tutta questa espansività, paragonata all'indifferenza quasi totale dei precedenti giorni, l'avrebbe di certo stranizzata.

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view post Posted on 26/12/2011, 11:05
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Helen Sylvie De la Croix, - 12.05.1992 (15) -

Ero talmente assorta nei miei pensieri, talmente presa dall'osservare i, primi, fiocchi di neve dell'anno che cominciavano ad accumularsi sul terrazzino della cucina, da non essermi accorta che Henry si fosse svegliato e stesse venendo giù. Per poco non sobbalzai udendo quella sua voce così familiare alle mie orecchie, quel suo tono di voce sereno, amichevole, intimo che tanto mi era mancato in quell'ultimo mese. Era ormai da troppo tempo che andavamo avanti, comportandoci, come se fossimo quasi degli estranei, dei conoscenti costretti a dividere quella casa. Tra noi non era mai stato così, passare del tempo insieme era una delle cosa che più ci riusciva naturale, potevamo stare giorni, perfino settimane, chiusi nella stessa casa senza mai stancarci e invece in quei giorni quelle stanze continuavano a sembrare troppo strette per contenere entrambi. Ero davvero stanca di questo, volevo di nuovo il mio amico, il mio migliore amico, il ragazzo del quale mi ero perdutamente innamorata, nascondendogli per anni quella mia cotta; rivolevo tutto questo e se quella vacanza poteva essere la scusa per provare a ricominciare allora era arrivato il momento di iniziare a far qualcosa a tal proposito.
"Ben svegliato dormiglione!" Lo punzecchiai, dato che era già mattina inoltrata, accennando un lieve sorriso, non potevo certo passare dalla totale indifferenza a baci e abbracci, un passo per volta sarebbe andato più che bene.
Scesi dallo sgabello e mi avvicinai ai fornelli dove, accanto, erano già pronte le frittelle e il caffè ancora caldo. Presi il piatto e lo misi davanti ad Henry, poi tornai a frugare per la cucina alla ricerca di posate, tazze e gli sciroppi da versare sulle frittelle.
"Si, ho dormito piuttosto bene e tu?" Continuai conversando serenamente, mentre continuavo ad apparecchiare. Versai il caffè in due tazze e ne misi una davanti ad Henry ed una nel posto accanto al suo, che presto avrei nuovamente occupato io.
"Beh in realtà avevo pensato che.. Dato che fuori sta nevicando e sei bloccato qui a casa.. Con me, potresti darmi una mano!" Conclusi il mio discorso con un sorriso sgargiante, che diceva chiaramente "non puoi dirmi di no!" Infondo era vero, fuori nevica e c'era un freddo incredibile, non se ne sarebbe potuto andare di certo in giro a fare shopping o altro, di conseguenza eravamo bloccati in quella casa, insieme. Quindi non era meglio fare qualcosa per occupare il tempo? Ma certo che si! Di sicuro anche lui avrebbe apprezzato.
"Insomma ti andrebbe di fare l'albero di Natele insieme a me?" Chiesi sempre entusiasta, mentre prendevo posto accanto a lui e gli mettevo delle frittelle nel piatto. Si poteva mai dire di no ad un angelo come me? Avevo preparato la colazione, lo stavo servendo, per poco non lo imboccavo, ero un modello di gentilezza e cortesia, darmi una mano con l'albero di Natale era il minimo che si potesse fare per ricambiarmi!
"Daiiii, non ci vorrà molto! Giusto il tempo di mettere apposto i pezzi e addobbarlo! Sarà un gioco da ragazzi." Quella sarebbe stata una splendida occasione per scambiare due chiacchiere e dirci tutto quello che non ci eravamo detti in quell'ultimo mese. Iniziai a sorseggiare il mio caffè, speranzosa, attendendo una sua risposta.

"Just take my hand and hold it
You don't have to be alone"

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Edited by ..:Butterfly:.. - 26/12/2011, 15:39
 
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view post Posted on 30/12/2011, 18:02





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HENRY DARCY TUDOR 07.07.1990 (17) - STUDIA PRESSO LA CONSTANCE & ST. JUDE SCHOOL

Tutto sommato, stava andando alla grande. Probabilmente, Helen non si era lasciata scappare il mio particolare buon umore, quella mattina e, proprio come avevo sperato, mi stava assecondando alla perfezione. Se non ero l'unico a metterci la volontà e i mezzi, allora la speranza che potessimo mettere una bella pietra sopra a quel periodo buio, di vuoto, per la nostra amicizia, cresceva di gran lunga. «Ah, ho capito. Ecco spiegato il perchè del caffè, delle frittelle e.. Tutto, il perchè di tutto». Scherzai, facendo una piccola smorfia. «Stavi provando a comprarmi! Ammettilo, furbacchiona». Le diedi un colpettino amichevole sulla nuca; la sfiorai, più che altro. Poi, dopo averla fissata negli occhi per qualche secondo, mi lasciai scappare una risata divertita. «Ti aiuto, ti aiuto. Scherzavo, Sylvie, non fare quella faccia». Dopo aver mescolato bene il caffè con lo zucchero, inziai a sorseggiarlo, tra un morso ad una frittella e l'altro. Per avere quindici anni, Helen era davvero brava ai fornelli. Ma pensandoci bene, lei dimostrava sempre molta più maturità di quanta gliene spettasse. Forse aveva ragione. Dovevo smetterla di vederla come una bambina indifesa. Certo, non era ancora una ventenne in carriera. Ne avrebbe compiuti sedici tra qualche mese, però, che fosse cresciuta parecchio, non solo d'età, ma proprio in tutto e per tutto, nel giro di quest'ultimo anno, era proprio innegabile. Ma il punto era proprio questo. Helen era una ragazza bellissima, lo era stata sempre. E il solo pensare che qualcuno potesse metterle le mani addosso, o farla soffrire, mi mandava su tutte le furie. Ero così geloso nei suoi confronti, da perdere il senso della ragione ogni qualvolta mi passassero pensieri di questo tipo. Per questo facevo il possibile pur di evitare che accadesse. Solo che non sempre, era così semplice. «Dai, andiamo». Suggerii, riponendo la tazza sul tavolo. Mandai giù l'ultimo boccone di frittella, e scesi dallo sgabello. Andammo in salotto, e iniziammo subito a scartare lo scatolone più grande, quello con l'albero di Natale. Mentre tiravo fuori i vari "pezzi", con la mente cominciavo a vagare alla ricerca di uno spunto con cui cominciare il discorso. Speravo che Helen mi anticipasse, rendendomi la vita più facile, ma avevo i miei dubbi. Dopo tutto, la colpa era mia quanto sua. Ed ero certo che ognuno dei due, volesse lasciare il privilegio di cominciare all'altro. Forse per orgoglio, forse per principio, o forse, semplicemente, perchè rompere il ghiaccio non era mai stata cosa facile, per nessuno. Potevano essere tante le ragioni, ma ad ogni modo, fatto stava che, tra un pò terminavo perfino di montare l'albero, e ancora nessuno dei due aveva preso parola. Così lo feci, decisi di afferrare la situazione in mano. Dovevo comportarmi da uomo, anche se.. Beh, la galanteria non consiglia sempre prima le donne? D'accordo, ma il problema è un altro. Il problema è che neanche loro sanno cosa vogliono dalla vita. In certe occasioni, se non fai il primo passo, vieni sistematicamente etichettato come "senza palle", in altre, se per puro caso dimentichi di darle la precedenza, sei indiscutibilmente, un pessimo gentiluomo. Insomma, uno non sai mai che cazzo fare. E' un dilemma, le donne sono un dilemma assurdo, incredibile. Hai una sola possibilità: tentare, azzardare la fortuna. Se becchi la tattica giusta, allora è fatta. Se non lo fai.. Beh, sono cazzi.
«Perchè mi hai evitato, ultimamente?» O la và, o la spacca.

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ahaha, è bello immedesimarsi nella mente maschile. Immaginare quali strani e contorti pensieri possano farsi nei nostri confronti XDD Quel ragionamento però è molto sensato, non pensi? In effetti non avrebbero tutti i torti a pensarla così XD Ma gli stà bene, ad ogni modo ùù
 
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view post Posted on 22/1/2012, 17:50
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Helen Sylvie De la Croix, - 12.05.1992 (15) -

Se me l'avessero detto appena qualche ora prima non ci avrei affatto creduto. io ed Henry, seduti d un tavolo a scherzare insieme come se tra noi fosse tutto tranquillo, tutto come sempre, come se quel mese di indifferenza totale non ci fosse mai stato, sparito. Forse c'era ancora una speranza per noi, c'era davvero una piccola possibilità di riuscire a ricucire il nostro rapporto, di rimettere apposto i pezzi. Certo sapevo benissimo che cosa significava, cioè essere amici, in sostanza dovevo, in un modo o nell'altro, smetterla con le mie fissazioni, anzi la mia fissazione, cioè Henry, tra me e lui non c'era nient'altro che amicizia, per lui ero una sorellina più piccola, quella che va protetta e tenuta lontano dai ragazzi, non sarei mai stata nulla di più per lui. Per quanto questo potesse doloroso, dovevo farmene una ragione, ormai lo avevo capito, ci avevo messo un po' ma alla fine c'ero arrivata, era giunto il momento di porre fine a quel sentimento, incondizionato, che provavo nei suoi confronti. Non sarebbe stato facile, ma non potevo più rischiare di perderlo, lui era troppo importante per me, era un vero e proprio punto di riferimento nella mia vita.
"Ma che ti viene in mente!? Ti ho preparato la colazione, perchè conoscendoti ti lasceresti morire di fame! Se non ci penso io a te, chi altro lo farebbe?" Dissi fingendomi imbronciata per la sua battuta sul mio atteggiamento, in realtà gli avevo preparato la colazione per tanti motivi:
1 - tentare una tregua prendendolo per la gola.
2 - Ottenere un aiutino in cambio delle mie ottime frittelle.
3 - Non lo avrei lasciato morire di fame, sul serio era una schiappa ai fornelli, non lo volevo certo sulla coscienza!
Alla fine accettò di aiutarmi, ero certa che lo avrebbe fatto, tanto cos'altro poteva fare da solo in quella casa? Niente, tanto valeva costruire un perfetto alberello con la sottoscritta.
"Dai non fare tanto il brontolone, vedrai che sotto sotto ti divertirai!" Gli dissi a mò di incoraggiamento, mentre scendevo dallo sgabello e mettevo i piatti e le tazze dentro il lavello, mentre Henry si avviava verso il salotto. Non appena ebbi finito lo seguii e lo trovai già all'opera, tra scatoloni e ramoscelli finti. Ci sapeva davvero fare, in men che non si dica l'albero era lì pronto per essere addobbato. Il punto era che non avevamo ancora iniziato quella famosa chiacchierata. Era un po' come se nessuno dei riuscisse a trovare il coraggio di tirar fuori quell'argomento così scottante e delicato. Eppur era proprio quello il momento buono per farlo, bloccati in casa, da soli, non ci sarebbe certo stata un'altra occasione del genere. Ma che potevo farci avevo una paura tremenda di affrontare quel discorso, temevo che alla fine invece di mettere tutto apposto, saremmo finiti per litigare e peggiorare le cose, più di quanto non lo fossero già. Fortuna volle che Henry mi liberò da quel dilemma, fu lui ad iniziare, una domanda diretta, ma almeno eravamo riusciti a tirar fuori il problema, anzi era meglio dire era riuscito! Ebbene si lo avevo evitato, non che lui fosse stato da meno, ma il punto era: perchè? Già perchè?
"Avevo bisogno di un po' di tempo.. Per riflettere." Era vero, si quella era la verità, ma detta così lui non avrebbe capito nulla, ne ero certa. "Ultimamente non riuscivamo proprio ad andare d'accordo e così piano piano ci siamo allontanati, un po' per colpa mia, un po' per colpa tua." Continuai restando un po' sul vago. "E tu..Perchè mi hai evitato?" Cosa mi aspettavo mi dicesse? Che anche lui aveva riflettuto? Che aveva capito che non ero solo un' amica per lui? No non era affatto per quello che mi aveva evitata. Ma ero comunque curiosa di sapere cosa gli fosse passato per la testa in quel mese.
"C'è anche un altro motivo per cui ho preso le distanze Henry..." Dissi seria, ma allo stesso tempo titubante, temevo la sua reazione, in realtà non avevo fatto nulla di male, ma conoscevo Henry, conoscevo la sua morbosa gelosia da fratello maggiore, gelosia che in parte ci aveva portato a quel punto. Ma non potevo più tenermelo dentro, non dirglielo mi faceva sentire tremendamente in colpa ed io non gli avevo mai nascosto nulla, quindi in modo o nell'altro dovevo affrontare quell'insensata paura.

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Ahahaha il ragionamento di Henry è fantastico! XDD
 
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. kay ‚
view post Posted on 10/2/2012, 20:36





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HENRY DARCY TUDOR 07.07.1990 (17) - STUDIA PRESSO LA CONSTANCE & ST. JUDE SCHOOL

Riflettere. Helen aveva avuto bisogno di riflettere.. Ma su cosa? Ero d'accordo sul fatto che, da un pò di tempo a questa parte, non facessimo altro che litigare. Però, continuavo ad avere qualche dubbio sulla prima parte del suo discorso. Così come avevo più di qualche dubbio, sul suo ambiguo comportamento nei miei riguardi, durante gli ultimi tempi. Una volta, ero arrivato perfino a pensare che, Helen, la mia migliore amica, la sorelina che non avevo mai avuto, potesse addirittura provare qualcosa per me. Qualcosa che non si limitasse ad un forte sentimento d'amicizia, quasi frateno, qualcosa di più. Ma poi, mi ero ricreduto subito. Mi ero detto che non poteva esseere possibile. Ero certo, quasi del tutto, che anche lei mi vedesse come un fratello. E del proprio fratello, non ci può di certo innamorare. O quantomeno, sarebbe un pò una cosa fuori dal normale! Non credete? Beh, ecco. Mi era bastato questo, per convincermi che avessi pensato male. Che magari, il suo modo di fare un pò più scontroso e insofferente del dovuto, potesse semplicemente essere uno di quei sintomi legati all'adolescenza, come quell'insistente necessità di sentirsi, finalmente, considerare adulti. Infondo, il più delle volte, i nostri battibecchi erano saltati fuori proprio per questo. Perchè Helen mi accusava di vederla e trattarla ancora come una bambina. Aveva ragione, fondamentalmente. Non mi ero del tutto abituato, tutt'ora, all'idea che anche lei, adesso, fosse cresciuta. Ma non c'era neanche bisogno di farne un dramma. Dopotutto, proprio Helen che mi conosceva meglio di chiunque altro, avrebbe dovuto capirmi.
«Io non ti ho evitato affatto. Ho solo agito di conseguenza. Tu evitavi me, io facevo lo stesso con te. Sai che non mi piace rivestire il ruolo dell'indesiderato. Se tu non avevi voglia di parlarmi, o di vedermi, di certo non ti avrei costretto a fare il contrario. E non stavo provando a lavarmene le mani, giustificandomi in quel modo. Era andata davvero così. All'inizio, non riuscivo a capire perchè, se non ero io a cercarla, Helen non mi facesse più nemmeno la grazia di farsi viva ogni tanto. Ma proprio perchè, il bisogno di sapere come stesse, come le andassero le cose, o semplicemente, di sentire la sua voce, per me non era svanito nel nulla, c'era sempre stato, e continuava ad esserci ancora, in un primo momento, avevo continuato comunque a chiamarle, a mandarle un messaggio ogni tanto, pur non capendo perchè, ormai, lei non avvertisse più lo stesso bisogno. Ma alla fine, a lungo andare, mi ero stufato davvero. Se la gente se ne sbatteva di me, io facevo lo stesso con loro. Ero fatto così, da sempre. E sicuramente, se la persona in questione non fosse stata Helen, non avrei aspettato più di un giorno o due, a mandarla a quel paese. Per cui, avrebbe potuto far tutto, tranne che lamentarsi di me. Ero stato fin troppo corretto e onosto con lei, e adesso avevo perfino fatto il primo passo, nella speranza che quella situazione spiacevole potesse essere risolta. « Dimmi, di ascolto». Ecco, ora comiavamo a ragionare. Potevo scommerci tutto,io non avrei mai potuto credere che il motivo del suo comportamento assurdo fosse semplicemente legato ad un improvviso bisogno di rflettere! Non me la dava a bere. E infatti, eccola lì. C'era un altro motivo, ed Helen sembrò anche un tantino.. Impaurita (?) quando finalmente lo ammise. Chissà, forse mi stavo sbagliando, ma qualcosa di diceva che le costasse parecchio, parlarne una volta per tutta ad alta voce. Si trattava di qualcosa di grave? Dovevo forse preoccuparmi? L'impazienza mi stava divorando lo stomaco. Così, mentre aspettavo che si decidesse a rispondere, presi una scatola piena di palline e decorazioni per l'albero di Natale, ed iniziai ad infilarle tra un ramo e l'altro.

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