« La vita è troppo crudele. Se non crediamo nell'amore, perché dovremmo vivere? »
PENELOPE, «PENNY» KAREV
27.04.1986 (21) - STUDIA PRESSO LA COLUMBIA UNIVERSITY - DRESS
Odiavo la gente che mentiva. Avevo sempre pensato che fosse sinonimo di codardia, vigliaccheria, mancato coraggio. Si mentiva, il più delle volte, per paura delle reazioni altrui. Perchè non si trovava la forza di ammettere, di aver fatto qualcosa di sbagliato, scorretto, inopportuno. Si, ciascuno di noi lo sà, infondo. Ciascuno di noi, capisce, si rende conto se le azioni che facciamo, potrebbero andare a discapito di qualcun altro, se potrebbero ferire, una persona a caso, che magari, non se lo merita neanche. Tutti, siamo capaci di distinguere il giusto, dall'errato. Ed è per questo, che ci ritroviamo a mentire. Perchè l'errato, il più delle volte, mette paura. Lo si compie, spesso. Ci trae in tentazione. Ma quando poi, arriva il momento di ammetterlo, a se stessi, e agli altri, tendiamo a tenerlo per noi, non vogliamo che tutti sappiano.
Ecco. Io, avevo fatto tutto il possibile, pur di basare il nostro rapporto sulla fiducia, e sulla sincerità. E lo ero rimasta sempre, nei confronti di Jack, sincera ed affidabile. Jack, d'altra parte, aveva impiegato più tempo, a diventarlo. Era partito da zero, insomma. Ma col tempo, anche lui, aveva imparato a rispettarmi, sempre. Era cambiato Jack, dopo il suo arrivo a Manhattan. Facendoci forza a vicenda, avevamo superato tutto. Lui aveva smesso di drogarsi, io di essere ossessionata dalle immagini della sera dell'incidente. Incidente, che un pò a tutti, aveva cambiato la vita. Si, mi ero proprio convinta che insieme, ci fossimo buttati il passato alle spalle. E invece, all'improvviso, come un fulmine a ciel sereno, tutto il caos di un tempo, era rimpiombato all'interno delle nostre vite. Sconvolgendole, ancora una volta. Jack mi aveva mentito, l'avevo capito subito. Quando quel giovedì sera, mi aveva chiamato, dicendomi che sarebbe semplicemente andato a trovare Iwan, avevo subito intuito che sotto ci fosse qualcosa. Lo capivo al volo, era il mio uomo, dopotutto. Ma avevo fatto comunque finta di niente. Non mi piaceva fargli pressione. Avevo sempre fatto in modo che nel nostro rapporto, ognuno di noi, avesse i propri spazi. Per cui, mi ero detta che la verità sarebbe venuta a galla. In un modo, o in un altro. Insomma, chi vive nell'Upper East Side, dovrebbe sapere che i segreti, non rimaranno mai tali, tanto a lungo. Ma Jack, si era sempre rifiutato di leggere Gossip Girl. E considerando che ormai fossero passati anni, dall'ultima volta in cui le sue attenzioni si fossero rivolte sul nostro conto, visto che un pò tutti, avevamo fatto sì che si perdessero le nostre tracce, Jack doveva essersi completamente dimenticato delle sue capacità di spionaggio, molto ma veramente molto ferrate. Beh, insomma, quando il giorno dopo, avevo ricevuto la notifica del suo ultimo post, avevo subito pensato bene di leggerlo, già insospettita di mio dal comportamento ambiguo del mio ragazzo, ma Jack, evidentemente, non aveva fatto lo stesso. Perchè ne fossi tanto certa? Semplice. Avrebbe provato a giustificarsi. E invece, non era successo niente di simile. In realtà, non aveva avuto nemmeno le palle di predere il telefono, e chiamarmi.
Era sabato, adesso. Due giorni dal famoso giovedì sera. E noi, non c'eravamo ancora ne visti, ne sentiti. Ero arrabbiata con lui. Ma di certo, non sarei stata io a cercarlo. Volevo sapere di più, ovviamente. Gossip Girl, aveva detto solo che Jack, Candice e Iwan, erano stati avvistati insieme al Victrola, il nightclub di Chuck Bass. Ma ovviamente, non poteva bastarmi. Avrei voluto sapere, nel dettaglio, che risvolti avesse avuto la serata. Ma ero troppo orgogliosa. Volevo che fosse Jack in persona, a trovare il coraggio di raccontarmi tutto. E soprattutto, sapevo che se ancora non l'avesse fatto, significava che, per forza, fosse accaduto qualcosa di cui non avrebbe potuto parlarmi, o meglio, di cui avesse paura di mettermi a conoscenza. Insomma, Jack più Candice, è esattamente come fare due più due, non ero mica una stupida!
Così, anche quel sabato mattina, mi recai da sola alla Columbia. Speravo con tutta me stessa, che sta volta l'avessi incontrato. Che mi prendesse da parte e ammettesse tutto avanti ai miei occhi. Ma non ci contavo più di tanto. Ormai, cominciavo ad essere veramente, poco fiduciosa. In compenso, però, m'imbattei in qualcun altro. Già, qualcuno che non fosse Jack, ma che comunque, faceva piuttosto a mio caso. Insomma, Candice. Si lei, la mia grande amicona. Tra amiche ci si dice tutto, no? Beh, perfetto.
In silenzio, mi diressi fino al suo tavolo. E una volta raggiunto, esordii, mantenendo comunque il tono di voce piuttosto basso, dicendo: «Oh, ma guarda un pò chi c'è». Sorrisi. Un sorriso dannatamente falso. Presi posto sulla sedia di fronte alla sua. «Candice, amica mia. Frequentiamo la stessa università da tempo, ma questa, forse, è la prima volta che ci incontriamo qui dentro». Beh in realtà, ogni qualvolta l'avessi anche solamente scorta da lontano, l'avevo evitata prontamente. Ma questo lei non poteva saperlo. «Allora, come stai?» Volevo proprio vedere, se fosse stata talmente falsa da riuscire a far finta di niente, sotto ai miei stessi occhi.
NiNADOBREV as Penelope, «Penny» Karev
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