Sorry seems to be the hardest word, Venerdì 19.10.2007 / mattina

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Working on a dream
view post Posted on 18/7/2011, 22:21




Mark Pace
link scheda - 20, 10.09.1987 ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
Erano passati quattro giorni da quella serata in pizzeria e da allora avevo avuto modo di riflettere e riflettere su molte cose.. su Ellie e la sua reazione, su ciò che io avevo effettivamente fatto o meno di sbagliato, su quelle stesse persone che avevo definito amiche, pur sapendo che non fossero altro che compagni con cui trascorrevo un po’ del mio tempo.
Ero uscito con loro un’altra sera dopo gli eventi del 15 e possibilmente avevo sentito come un’avversione per loro, per tutti, ma soprattutto per Ritchie. Non sapevo perché, in fondo non era certo colpa loro, ma in parte non riuscivo a non ritenere loro responsabili, in particolare Ritchie perché, era intelligente, ma si sprecava a quel modo.
Avevo provato a parlargli seriamente un giorno, ma dopo poco mi era sentito quasi preso in giro e avevo deciso di lasciar cadere la cosa, alzandomi e mollandolo lì sul suo sofà davanti a quella maledetta playstation.
Lui m’aveva guardato strano un momento, m’aveva richiamato. ma basta e il giorno dopo era come niente fosse accaduto.. Nemmeno litigare mi riusciva con loro, mentre ero riuscito a distruggere tutto con Eloise, di cui invece mi importava.
Chissà forse è una di quelle cose inversamente proporzionali, quelle leggi fisiche che non si trovano sui libri di scuola e di cui comunque mi ero sempre fidato poco tipo le leggi di Murphy o simili.
A qualche conclusione ero giunto.. avrei voluto reincontrarla e magari, con lei un po’ più calma, dirle ciò che non ero riuscito a dirle quel giorno, ma il problema era che non sapevo nulla di lei. Nulla. Non un numero di cellulare mi aveva lasciato, un recapito, qualcosa.. e di andare a investigare in segreteria della scuola.. ok avrebbe fatto molto figo, ma son cose che si vedono solo nei film, coraggio!
Quindi mi affidavo all’unica cosa a cui potevo affidarmi, la flebile speranza di incontrarla lì per caso nel campus, di trovarmela accanto nei miei passi..
Anche se mi dicevo come fosse possibile incrociarla tra tutte quelle migliaia di studenti che riempivano le facoltà.
Per di più per quello che ricordavo non sapevo nemmeno che università facesse.. Quella mattina avevo avuto lezione alle 8 e almeno fino a mezzogiorno avrei poi avuto ore buche. Attraversavo il cortile del campus col bavero del mio giacchetto di pelle rialzato e un cappello, che faceva molto cantante di strada, abbassato sul viso, per ripararmi dai primi freddi che iniziavano a farsi sentire.
Ero molto lontano dall’immaginare quello che poco dopo sarebbe successo..
Stavo riordinando le idee nella mia mente ed ero proprio in uno di quei momenti dove vedo ma non osservo e tutto mi scivola davanti, insomma, penso solo a schivare gli ostacoli e basta.
E grazie al cielo per una volta nella mia vita ebbi culo. Tra il pensiero di una sessione di esami e l’altra rialzai lo sguardo e all’improvviso osservai.. e la riconobbi.
Camminava lungo il sentiero di ghiaia parallelo al mio e in direzione opposta avvolta da un cappottino beige. Insomma.. c’erano solo venti metri tra noi!
All’inizio mi fermai solo e la seguii con lo sguardo come se in effetti non avessi mai contemplato l’idea che mi potesse succedere davvero di incontrarla e ora fossi in dubbio sul da farsi.
Poi mi risvegliai come da quell’apatia e pensai dentro di me: “Cazzo stai facendo Mark? Vuoi forse lasciarti scappare l’occasione?”. Iniziai a correre calpestando quel pratino perfetto e ignorando tutti i cartelli di cortesia e in men che non si dica mi ritrovai alle sue spalle .. e ora… che dovevo fare? La chiamai.. sperando non mi ignorasse.
”Ellie…ciao..” le dissi con una voce che esprimeva la mia felicità del vederla. Realizzai con un secondo di ritardo che avevo usato, per forza d'abitudine, quel nomignolo che lei odiava.
“Voltati, voltati, ti prego” pensavo con tutto me stesso in quei brevi nanosecondi che sembravano ere.



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link scheda - 19, 14.04.1988 ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
Avevo imposto al mio cervello un religioso silenzio. O almeno, diciamo piuttosto che ci avevo provato. Ovviamente la cosa era stata pressochè inutile, e, sinceramente, mi chiedo come avessi potuto anche solo crederci. Si sa che tenere a bada i miei stessi pensieri non è esattamente facile e... stavolta non era poi così contenibile nemmeno l'argomento di quella tempesta di idee.
In ogni caso, però, avevo davvero fatto di tutto per non ripensare all'accaduto, e, soprattutto, per non riprovare le stesse sensazioni che avevo provato quella sera di pochi giorni prima. Non solo dentro al locale, ma anche dopo, per strada, mentre mi allontanavo velocemente, senza voltarmi indietro.
Tuttavia, ogni volta, il mio stomaco tornava a fare le capriole, ignorando il mio tentare di... ignorarlo, appunto. Mi ero sentita davvero da schifo, diciamocelo. Infastidita, amareggiata... tradita, direi quasi, se non sapessi di stare decisamente esagerando!
Insomma, più ci pensavo, più mi ripetevo che non ne valeva la pena. Non dovevo prendermela così tanto per un evento così insulso, così banale, così... privo di significato! Eppure, per quanto fossi convinta di quelle parole, non c'era molto da fare. Quando meno me l'aspettavo quella scena, quelle parole, si insidiavano tra i miei pensieri. Per non parlare del suo viso dispiaciuto che avevo lasciato lì, andandomene. Quella figura non faceva che nascondersi dietro ad altre, be più anonime e meno preoccupanti, e, prima che me ne rendessi conto... ecco che saltava fuori.
Questo, ovviamente, non faceva che farmi infuriare ancora di più e, così, tornavo al punto di partenza. Mark, quella stupida scomessa e tutto il resto riprendevano il loro posto nella mia testa, dandomi, per l'ennesima volta, sui nervi. Per quanto cercassi tutte le scappatoie possibili ed inimmaginabili, era un circolo vizioso. O un chiodo fisso, come preferite.
Quello che più mi dava fastidio, però, di tutta quella situazione, era il mio stesso stato d'animo. Oh, d'accordo, forse questa era la seconda posizione, ma... 'almeno' riuscivo a concentrarmi su questo, se proprio dovevo. Non potevo sopportare di essermi davvero sentita ferita, non potevo sopportare di aver fatto pensieri da stupida bambinetta... non potevo sopportare che non me importasse assolutamente niente! Avrei preferito mille volte che la cosa mi scivolasse adosso così, senza lasciare traccia. Ed invece...!
E poi c'era quella maledetta, maledettissima delusione. Assurdo, no? Quasi come se mi fossi messa a vedere la cosa in... in modo diverso. Come se, appunto, mi importasse di quello che era successo. O, se vogliamo, di lui.
Anche quella mattina, dunque, avevo lottato con i miei stessi pensieri, riuscendo a rinchiuderli per tutte le lezioni. Finito l'ultimo corso mi incamminai in fretta verso l'uscita del campus, pronta ad andare a casa. Probabilmente l'avrei trovata vuota, ma non ci sarebbe voluto molto perchè uno dei miei arrivasse.
Cominciava a fare freddo, essendo ormai più di metà ottobre. Mia madre aveva tirato fuori dall'armadio un suo vecchio cappotto, bello, sì, ma dal colore così insensatamente... delicato. Odio tutte quelle tonalità chiare, pastello, quasi. Hanno un che di così dolce e melenso che... bah, meglio lasciar perdere. Anche perchè, alla fine, me l'ero messa davvero. Dovevo ammettere che era comodo e teneva caldo, e non era nemmeno così male... ma non importa.
Pestai una pozzanghera senza prestarvi troppa attenzione, dentro ai miei fedeli ed indistruttibili anfibi. Ecco, quelli facevano decisamente a pugni con il cappottino da signorina perbene. Sorrisi distrattamente, a quel pensiero, canticchiando a bocca chiusa. Un buon modo per -tentare, almeno- di tenere lontani i pensieri. Se non fosse stato che...
Accellerai, non avendo la minima intenzione di voltarmi. Quell'accento inglese non lasciava aperti molti dubbi. Per non parlare del fatto che, quella voce, in fondo, era famigliare... Sollevai il viso stizzita, continuando a camminare. "Sparisci." sibiliai solamente.
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view post Posted on 19/7/2011, 12:57




Mark Pace
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Non si fermò: Ellie aveva continuato a procedere, anzi, all’ascolto della mia voce, sono sicuro che il suo passo accelerò ulteriormente.
Per poco ebbi quasi la speranza che non mi avesse sentito, che magari io avessi parlato più piano di quel che pensavo, che il suo accelerare fosse solo un’impressione, ma poi sentii quel sussurro uscirle dalle labbra e, beh, quello non lasciava molto spazio alle mie speranze.
“Sparisci” .. eppure continuavo a seguirla senza nemmeno contemplare quell’ordine appena accennato, ma forse proprio per questo molto più efficace alle mie orecchie e molto più penetrante di significato.
Probabilmente se si fosse girata e mi avesse fatto una scenata l’avrei presa meglio, perché voleva dire che una volta calmata ci sarebbe potuto essere un dialogo, un confronto, qualcosa insomma, ma così, con quella calma glaciale con cui mi aveva imposto di lasciarla, non sapevo come comportarmi..
Dovevo forse rispettare la sua decisione? Ma lei, lei non poteva sapere tutto eppure doveva, e io glielo dovevo, almeno per farle capire che di lei e di quegli incontri mi era importato davvero!
Non potevo concepire il fatto che nella sua mente io fossi solo un idiota che rispettava una scommessa. Se avessi potuto avrei voluto annullarla e farmi dare dell’idiota dai miei compagni pur di poter riottenere un grammo della sua stima!
Il problema stava tutto nell’ottenere quell’attenzione che, essendo arrabbiata, non voleva concedermi.
Quello che non riuscivo a capire però e che mi lasciava più in bilico era se a lei fosse veramente importato qualcosa di quell’incontro e se il suo modo di agire fosse sintomo di rammarico e delusione o se la sua posa fosse solo di orgoglio intellettuale..
Andandosene mi aveva detto che l’aveva sempre saputo che era tutto troppo insulso per essere reale. Insulso era una delle parole che più mi aveva ferito, perché mi ci ero sentito davvero. Ma lei? Lei come si era sentita realmente?
Non osai toccarle il braccio o stopparla fisicamente, la sfiorai soltanto un secondo all’altezza della spalla con indice e medio della mano destra e di nuovo le tornai a chiedere con voce supplichevole: ”Eloise, ti prego…ascoltami.”.
Notai un’esitazione in lei qualcosa insomma che mi comunicò almeno nel suo incedere un ripensare a quelle mie quattro parole e la cosa mi diede il coraggio di dire ancora: ”Lasciami parlare, ti prego, so che non mi devi nulla, ma.. è una cosa che ti scongiuro di fare.. ci vorrà un attimo, davvero, ma se non te la dico, sto male..” La mia voce, il mio tono per lo meno, erano davvero non dico rotti, ma.. commossi.. E sperai che lei lo percepisse e capisse che non ero uno sciocco insensibile, non ero un idiota senza cervello, non ero nemmeno un freddo scommettitore e calcolatore che l’aveva sfruttata per poi lasciarla: io ero quello della pizzeria, per come mi aveva conosciuto lì. Punto. Nessun’altra parte di me mi rappresentava al meglio. E per quanto lei non sapesse nulla di me e io nulla di lei sapevo che lei mi aveva conosciuto, e soprattutto compreso, in quell’oretta molto meglio di tanti altri.
Il curioso era notare come quel momento che per me era così importante, dove tutto era così tremendamente in bilico, valesse tanto poco per gli altri, che presi dalla routine di sempre ci sfilavano accanto senza accorgersi di nulla.
Non eravamo niente noi nell’universo se non la normalità.. o almeno agli occhi degli altri. Io sapevo che non eravamo così. E volevo che se ne convincesse di nuovo anche lei.

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link scheda - 19, 14.04.1988 ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
Perchè darmi tutta quella pena per me, per... lui? Non aveva senso! Continuavo a pensarci. Io non dovevo nulla a lui, e lui non doveva nulla a me. Quello che era successo era qualcosa del tutto marginale, se non fosse stato che... io avevo ragione e lui torto.
Mi ero decisamente attaccata a questa convinzione ed ormai non facevo che ripetermela. L'unica ragione per cui non potevo togliermi il tutto dalla testa era questa, sì. Non crediate che non mi conosca, che non sappia come sono fatta. La mia testardaggine, per non dire il mio orgoglio, non sono poi così sconosciuti. Anzi. Dunque... tutto si limitava a questo. Aveva scalfito, ferito, come diavolo volete!, quella parte di me ed ora... non potevo fare a meno di dimenticare la cosa così, a cuor leggero.
Di certo, però, non pretendevo che mi venisse a chiedere scusa. Lo so, sono contraddittoria, ma la cosa mi sarebbe suonata davvero troppo strana. Insomma, veder arrivare un penitente compunto e triste... cos'ero, il suo confessore? D'accordo, paragone osceno, ma come spiegare?
Da una parte non aspettavo altro: vederlo arrivare davvero con la coda tra le gambe, a cercare di rimediare il torto fatto. Dall'altra... beh, dannazione, era esattamente quello che stava succedendo! E, ancora una volta, il mio orgoglio dettava legge. Diciamo pure che... non volevo nemmeno dargli la soddisfazione di starlo a sentire.
I miei stessi pensieri non facevano che contraddirsi. Non stavo forse ottenendo quello che speravo? Mark era lì, a pochi passi da me, pronto ad implorare il mio perdono. Avevo la vittoria in pugno, insomma. E allora... perchè non mi sentivo soddisfatta? Eppure, tutto si stava svolgendo esattamente come avevo sperato. Ora non restava altro che girarsi, dire qualcosa per rimarcare ancora una volta quanto avessi ragione e... e poi sarebbe stata fatta!
Invece, non so come o perchè, continuavo a sentirmi arrabbiata. Oh, e non solo questo. La rabbia, forse, era il minimo. Quella sensazione bruciante e fastidiosa ora era ancora più viva che mai, quasi come se si stesse alimentando della sua stessa presenza.
Fremetti appena, quando mi sfiorò con leggerezza. Indignazione, sì. Per quanto non potessi -e non volessi- vederlo il viso, il suo tono non poteva essere frainteso. Per un attimo tentennai, rallentando il passo. Continuavo a ripetermi che la vittoria era lì, ad un passo da me. Me la stava davvero servendo nel migliore dei modi, proprio come avevo sperato. Ma... c'era pur sempre qualcosa che non andava.
Nonostante tutto, però, non mi ero ancora fermata. Continuavo a camminare, sentendo la sua presenza alle spalle. Neppure lui voleva pararsi davanti a me, fermare, in un modo o nell'altro, quella mia... fuga. No, non volevo vederla così. Non era così, dannazione! La sua voce, però, era vicinissima e piena di rammarico.
"Sto male..." Quell'ultima, interrotta frase mi colpì, lo devo ammettere. Come... come poteva essere? Perchè?
Improvvisamente decisi di mettere fine a quella mia corsa. Fermandomi. Di punto in bianco. Ancora ero girata, sì, ma non ci volle perchè compissi l'ultimo passo. Mi voltai nella sua direzione, risoluta, incontrato infine quel viso che, in un modo o nell'altro, si era già materializzato nei miei pensieri, mentre parlava.
Mi resi conto di star evitando accuratamente di incontrare il suo sguardo, ma cercai di non farci caso. Ora, la cosa che mi premeva era un'altra. "Perchè? Perchè tutto questo... è così importante per te?" Quella domanda mi bruciava nella testa da quando l'avevo sentito dire quel 'sto male'. Forse così mi ero giocata la mia vittoria perfetta, ma... mi premeva davvero saperlo.
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view post Posted on 19/7/2011, 18:03




Mark Pace
link scheda - 20, 10.09.1987 ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
Fu non appena pronunciai quell’ultima frase che qualcosa cambiò, prima fu solo un leggero rallentare scostante come se concentrandosi sui propri pensieri non riuscisse più ad imprimere la stessa forza in quelle gambe, in quei piedi così barricati dentro a quegli anfibi che la proteggevano da tutto, corazzandola dalle varie pozzanghere mentre io con le mie misere converse di tela nere che avevo completamente abbandonato al loro destino mi ritrovavo ora coi piedi bagnati.
Ottimo, manco credo che me ne fossi accorto al momento, se non a posteriori.
E per di più nonostante la criticità della situazione nonostante tutto la mia mente per un secondo pensò alla ironia della situazione, come se i nostri stessi piedi rappresentassero noi come totalità: lei protetta dietro a una corazza quasi militare, invincibile ad ogni colpo e io invece che mi esponevo volontariamente e senza il minimo riguardo per me ai colpi di sventura .
E poi improvvisamente si bloccò di botto, tanto che se non avessi avuto riflessi pronti forse le sarei sbattuto contro, e si voltò a guardarmi, o meglio si voltò sì ma fissava altrove lo vedevo: io cercavo in tutti i modi di raggiungere il suo sguardo perché pensavo effettivamente che solo in quel modo avrei potuto davvero farmi comprendere da lei e solo così lei avrebbe riconosciuto la veridicità delle mie parole, ma lei evitava e in tutti i modi di incontrarmi.
Aspettai che fosse lei a reagire a dire qualcosa, aspettandomi l’ennesima battuta pungente, finanche l’ultima offesa per poi un allontanarsi ad effetto e dentro di me calcolavo già l’amarezza del momento ma.. mi stupì.
Il tono non era ironico, né sprezzante, semplicemente domandava una risposta a qualcosa che le sembrava insensato da parte mia.
Potevo capirla, se la sua opinione di me era scesa tanto in basso. Aveva ragione, era lei a dovermi porre le domande ora e io dovevo solo rispondere.
Tuttavia non solo il tono, ma la natura stessa della domanda erano sorprendenti.. perché cercava di voler entrare nel mio punto di vista e devo ammettere che sentendola parlare così mi sentii rincuorato.
Sapevo che era una persona intelligente, ma l’avevo anche giudicata come orgogliosa e molto focalizzata su di sé mentre ora mi aveva proprio offerto un piatto d’argento su cui mostrarle interamente il mio modo di vedere.
Toccava a me ora non deluderla, non mentire e esprimermi come meglio potessi. Ovviamente dovevano averla colpita le parole usate prima e ora dovevo spiegare me stesso.
”Perché fin da quando abbiamo iniziato a parlare insieme al café quel pomeriggio ho pensato che tu non fossi una ragazza comune e più parlavo con te più me ne convincevo fermamente; perché nonostante abbia fatto discorsi che tutti i ragazzi qui intorno a noi definirebbero assurdi tu non mi hai preso per pazzo e anzi rispondevi a tono instaurando un dialogo.. perché.. perché comunque in quel tempo in cui siamo stati insieme mi sono trovato sempre davanti una persona che sembrava capirmi meglio di tante altre e … io non so come sia messa tu, ma io.. ho sempre ricercato persone come te senza mai trovarne e ora non voglio perder l’opportunità di conoscerti meglio e di diventare tuo amico.” .
La guardai finalmente dritto negli occhi, perché lei alzò lo sguardo a fissare il mio e allora ripresi sorridendo ”Sì, ho cercato di fartelo dire tutto il tempo in quella pizzeria, ma la realtà è che io volevo diventare tuo amico e.. il pensiero che tu mi possa aver giudicato male per quella storia della scommessa mi da fastidio. Perché io non sono fatto così.. non sono un idiota, né un approfittatore.. Non voglio che tu creda che io pensi di aver perso il mio tempo con te.. né che quel tempo sia stato una sofferenza, anzi.. se potessi andrei a dire agli altri che mi considerino uno sconfitto perché persi quella scommessa..perchè preferirei mille volte esser chiamato sfigato da loro che da una persona quale tu ti sei dimostrata.”
Non so dove trovai il coraggio di dirle tutto, ma in fondo.. non era sempre stato così con lei? Insomma le avevo detto del mio nome, le avevo confessato della scommessa.. sembravo non riuscire a aver riserve con lei per qualche innata ragione mi ispirava comprensione e sicurezza.
E la cosa straordinaria è che in quel momento non mi parve nemmeno di espormi o.. sminuire me stesso davanti a lei, anzi, possibilmente pensavo di acquistare più valore ad ogni parola.
La vidi pensierosa e all’improvviso ebbi quasi un dubbio e affermai interrompendo quel silenzio: ”Ecco.. volevo sapessi questo e .. spero di aver risposto alla tua domanda.”.
Cosa dovevo fare ora? Andarmene? Lasciarla a riflettere e darle i suoi spazi? Eppure morivo dalla voglia di sapere la sua risposta.. anche se il suo silenzio mi spaventava..
In fondo quello che dovevo dirle gliel’avevo detto e ora spettava a lei decidere.
Ma se me ne andavo.. come mi avrebbe ritrovato?
No, non potevo fare altro che aspettare forse.. lì, in piedi di fronte a lei, in mezzo a quel flusso infinito di studenti.
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eloise hawking
link scheda - 19, 14.04.1988 ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
Pensandoci a priori, forse, avevo davvero fatto una cazzata. Avrei potuto sentirmi appagata, contenta di aver finalmente ottenuto quello che volevo... quando, però, non succedeva questo? Vedete, non sono poi così negativa! Insomma, ammetto senza problemi di riuscire, di solito, ad avere ciò che desidero e, a mio parere, merito. Certo, sono sempre vittorie appena accennate, piccoli bocconi che non riescono davvero a sfamare. E' una questione di tenacia, se così vogliamo definirla, però. Credo che ormai ve ne siate accorti, no? E' difficile buttarmi giù, è difficile non farmi... cadere in piedi. In un modo o nell'altro, quindi, riesco sempre ad uscire a testa alta dalle situazioni.
Anche stavolta, quindi, le cose sarebbero potute andare così. Non si sa come o perché, però, mi ero tirata indietro, e, senza pensarci, avevo deciso. Non ci sarebbero stati smacchi, né vittorie. O almeno... per ora.
Forse, una parte di me, voleva davvero sentire che cosa mai Mark avesse da dire. Non dico che la cosa fosse assurda, ma... almeno strana, però, permettetemi di dirlo. Probabilmente sono un'egoista, ma, di solito, non mi faccio poi così tanti problemi per quello che pensano gli altri. Ognuno è pur sempre libero di agire come meglio crede, no? Stessa cosa vale per il... sentire, se così vogliamo chiamarlo. Non parlerei di sentimenti, sarebbe davvero una parola troppo grossa. In ogni caso, il punto non è questo. Così come si è liberi di comportarsi come si preferisce, allo stesso modo, penso, si è liberi di sentire quello che si vuole, senza, però, che gli altri se ne debbano preoccupare.
Insomma, vivi e lascia vivere. Di solito è questa la mia filosofia di vita, anche se, lo ammetto, spesso sono la prima a non seguire questa regola... è forse così sbagliato voler primeggiare, di tanto in tanto?
Dannazione, continuo a perdere il filo! Per una volta sarò sintetica: sono... sono un'egoista, un'insensibile, va bene? I problemi altrui non mi toccano. Non più di tanto, almeno. E, soprattutto... di solito. Di solito è così. Stavolta... beh, qualcosa doveva davvero starmi dando alla testa. Forse quel nuovo profumo per ambienti che mamma aveva comprato, quello che aveva sparso praticamente in tutte le stanze, e che, ad intervalli regolari, lasciava quella scia nauseante...!
Beh, qualunque cosa fosse, senza andare a trovare spiegazioni fantascientifiche, non mi faceva esattamente bene. Sapete com'è, passare da quella che si sente sempre dire di essere troppo rigida e menefreghista verso gli altri, a... a cosa? Voglio dire, come definire quello che mi passava per la testa in quel momento?
Solo un attimo prima mi ero voltata, stizzita, quasi vogliosa di urlargli in faccia qualcosa di pungente, e, perché no?, anche cattivo, per poi andarmene tutta soddisfatta. Solo un attimo prima ero fin troppo presa dalla mia furia nei suoi confronti, da quelle domande inutili quanto insensate che da qualche giorno mi vorticavano fastidiose nella testa.
E adesso?... Adesso non capivo. Sì, per quanto assurdo possa essere, non riuscivo esattamente a definire il mio stato d'animo. Pessimo, davvero pessimo per un'aspirante scrittrice. Non capire nemmeno sé stessi... e sperare di dar vita a personaggi con un che di realistico, di... umano?
Ecco, forse era questa la parola giusta. Per una dannata volta in vita mia, mi sentivo come tutti gli altri. Umana. Dotata di sentimenti e cazzate varie. Un vero schifo, insomma.
Il succo di la questione, in fondo, era semplice. Mi... mi dispiaceva per lui. Per Mark. Cercavo in tutti i modi di evitare i suoi occhi... solo per non sentirmi peggio. Insomma, lo ammetto: una parte di me, una microscopica parte di me stava cominciando a pensare che, forse, non avrei dovuto reagire così male. E' vero, mi aveva blandamente presa per i fondelli, ma... non era stato falso, da quel poco che mi era parso. Quella stessa sera sembrava già realmente pentito per il succedersi degli eventi. Ma io, sul momento, nemmeno avevo prestato attenzione alla cosa. E nemmeno nei giorni successivi... o forse sì?
Era semplicemente colpa di una parte del mio cervello, una piccola, piccolissima parte... che, evidentemente, aveva deciso di andare controcorrente. In condizioni normali avrei apprezzato la cosa, ma stavolta...
Mi ritrovai ad ascoltarlo, tenendo la bocca ben chiusa, quasi per non rischiare nemmeno di saltar su con... con qualsiasi cosa, azzardata o intelligente che fosse. Io... volevo ascoltarlo, d'accordo? Ero veramente curiosa di quello che aveva da dire. In fondo, solo un attimo prima, mi aveva stupita ancora una volta. Perché l'aveva presa tanto a cuore? Ero una sconosciuta, probabilmente non mi avrebbe rivista mai più... perché farsi tanti problemi? Perché... starci male?
Rispecchiata dalla sua prospettiva, ecco come mi vidi. Forse volle evitare di mettere in luce anche gli aspetti non esattamente amichevoli, che, senza problemi, gli avevo mostrato. Ma mi stupii, in ogni caso, di come mi dipinse. Davvero pensava quelle cose? Davvero... non ero stata poi così sgradevole?
Tutte quelle domande, quelle stesse domande che mi stavo ponendo mi davano decisamente fastidio, ma... in fondo, molto in fondo, ero d'accordo con lui. Insomma, rovesciando le carte in tavola, riferendole non alla sottoscritta, ma alla sua persona... dovevo ammettere che sì, la sua compagnia non era così male. Me n'ero già accorta in precedenza, ovviamente, ma avevo evitato di darci troppo peso. Era e restava un chiunque, se vogliamo. Quelle erano solo prime impressioni. Sono forse così piena di pregiudizi da dare così tanto peso alle prime impressioni?...
Si interruppe, per qualche momento, e mi decisi. Smisi di fuggire dal suo sguardo, andandomi invece a posare su quegli occhi maledettamente sinceri che avevo davanti. Sospirai, impercettibilmente, senza concedergli nulla di più. Lui sorrise, e, forse rincuorato, riprese. Il suo discorso continuò esattamente come quello che aveva appena detto, ma, nuovamente, mi stupii.
“No. Hai... hai risposto perfettamente.” esordii semplicemente, in quella che non era un'ammissione, ma un dato di fatto. “Sei stato più che esauriente. Ti... ti ringrazio, sì.” perché tutta quell'esitazione? Non era decisamente da me! Eppure... mi aveva spiazzata. Fin troppo. Era stato sincero? Ero convinta di sì. Ecco, forse era questo a lasciarmi così... senza parole. Chi, alla fin fine, è così pulito, nel parlare di qualcosa? Insomma, il discorso era lo stesso che avevamo già affrontato. C'è sempre un po' di menzogna nelle nostre parole... e allora perché non riuscivo a trovarne?
Odio, odio, odio non avere la risposta pronta!
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view post Posted on 20/7/2011, 20:34




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Finalmente sentii la sua voce rispondermi e.. dio, quanto mi sorprese il sentirla esitante.
Tutto mi aspettavo ma non quelle esitazioni. Il discorso che le avevo appena fatto doveva sicuramente averla scossa in qualche modo, nel bene o nel male, altrimenti il suo atteggiamento non si sarebbe proprio potuto spiegare.
Tuttavia la sua risposta era ancora così tremendamente, come definirla, evasiva e se vogliamo così poco sbilanciata che non sapevo che cosa stesse pensando di me. Aveva ammesso che le avevo risposto, d’accordo, ma cosa ne pensava lei di tutti questo ora che aveva sentito le mie ragioni, ora che le avevo detto tutto ciò che avevo cercato di nascondere nei nostri precedenti due incontri, anche se l’avevo pensato fin dalla sua prima risposta pungente, ora che mi ero esposto in tutto me stesso a lei, sperando di non aver commesso un errore.
Ma dove sarebbe mai potuto essere l’errore in ciò che le avevo detto?
Molto semplicemente era inutile che ci sragionassi sopra.. non c’era, punto e basta.
L’errore non era certo da ricercare in quello che le avevo appena detto, ma a priori in quello su cui si basavano le mie scuse, in quella stupida scommessa accettata, ecco dov’era. Se anche ora mi avesse rifiutato, come avrei potuto giudicarla male? Insomma in teoria ne avrebbe avuto tutte le giustificazioni: perché avrebbe dovuto credere a uno che si era presentato al suo tavolo dal nulla, l’aveva approcciata, aveva ottenuto un invito fuori e tutto per una scommessa e ora pretendeva anche di passare per onesto?
Forse nemmeno io ci avrei creduto nel mio totale cinismo verso il genere umano, figurarsi lei che nelle conversazioni precedenti mi aveva dato prova di essere assolutamente convinta della nullità dell’ uomo medio.
Perso in questi pensieri continuavo a guardarla quando aggiunse qualcos’altro e.. come dire.. mi ringraziò.
Lei mi stava ringraziando, proprio così, e allora il mio stupore aumentò ulteriormente.
Che cosa mi doveva lei in fondo? IO ero in debito con lei, prima e ora anche di più per avermi dato la possibilità di parlarle, lei non mi doveva quel grazie se per una volta ero stato sincero.
Per lo meno io la vedevo così e non riuscivo a togliermi quest’idea dalla mente:era stata tremendamente clemente.
Eppure di nuovo non ci volevo credere, non riuscivo a credere che lei mi potesse, come dire, capire e poi in futuro anche perdonare: è strano da dire lo so, nel senso, se le avevo parlato era proprio perché credevo che fosse possibile se no non l’avrei nemmeno fatto.. e anche perché ero convinto di poter meritare la sua amicizia..
O forse.. sì, forse avevo solo sperato che la sua opinione di me migliorasse, nient’altro.
Ad ogni modo lei continuava a rimanere in silenzio e io non riuscivo più a trattenermi sulle spine a perdermi in quei pensieri così contradditori da un istante all’altro .
Non sapevo cosa dire, come agire, cosa fosse sbagliato o meno fare.
”Vuoi che me ne vada ora?” fu la sola cosa che riuscii a chiederle, come se qualsiasi altra opzione non fosse per me contemplabile.

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eloise hawking
link scheda - 19, 14.04.1988 ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
Ero in un bel casino. Oh sì, stavolta mi ero davvero fregata da sola. Perché diavolo mi ero voltata, perché diavolo mi ero fermata e... perché quella maledetta domanda? Non potevo starmene zitta, o, ancora meglio, uscirmene con qualcosa di molto, molto diverso? Che ci crediate o no, ci sono situazioni in cui... sono molto riflessiva. Davvero! La calma assurda di Mark, però, scatenava decisamente qualcosa, in me. Voglio dire... quasi per agire all'opposto di lui... finivo per essere impulsiva, capite? Il che, alle volte, può anche aiutare.
Ma stavolta, questa maledettissima volta... non aveva fatto che mettermi in un bel casino. Non solo me n'ero uscita con quella domanda carica di curiosità, ma, soprattutto... ero rimasta senza parole. Io. Io senza parole. Frase, questa, completamente senza senso! Sarebbe come dire, che ne so... un pesce che non sa più nuotare! Capite, ora?
Ero... sconvolta, sì. Di lui, di me stessa... di tutto, dannazione! Come avevo potuto spiaccicare solo quelle due parole in croce, come ero riuscita a non rispondergli a tono, a non mandare nemmeno una piccola, minuscola frecciatina?
Eppure... continuavo a sentirmi il cervello svuotato, da quel punto di vista. Certo, i miei pensieri si rincorrevano frenetici, maledicendosi tra di loro e, soprattutto, maledicendo me, ma... si fossero messi a lavorare decentemente, almeno!
Invece no, ogni volta che tentavo di trovare qualcosa di convincente da dire... boom, ecco che tutto tornava a farsi confuso e nebuloso. E poi, ormai, cosa fare? Mi ero già mezza fregata! Da un momento all'altro, probabilmente, Mark sarebbe passato al contrattacco, senza, ovviamente, risparmiarsi nulla. Non che mi aspettassi colpi bassi o cose del genere, da lui, ma... non si poteva mai sapere.
Insomma, se avesse voluto, quello era il momento giusto. Per fare cosa? Schiacciarmi, no?! Come una sciocca ero rimasta letteralmente senza parole, forse troppo distratta da quei suoi occhi chiari...! D'accordo, d'accordo, questa era solo una licenza poetica, quindi non fatevi strane idee. Ammetto, però, che mi costava davvero fin troppa fatica guardarlo direttamente, sguardo a sguardo, insomma. Mi faceva sentire... terribilmente a disagio.
Mi infilai le mani nelle tasche, con fare noncurante, mentre i secondi scorrevano senza che nessuno dei due aprisse la bocca. Mi sentivo davvero uno schifo e... non riuscivo a fare nulla per migliorare le cose.
Fu dunque Mark a rompere il silenzio, comportandosi, probabilmente, come mi sarei dovuta aspettare. Quella semplice domanda era... era da lui, alla fin fine. Per quanto nella mia mente mi aspettassi di ricevere vendette o chissà cosa, lui, invece, fu corretto fino in fondo. Chiedeva... mi chiedeva cosa doveva fare.
Un sorrisetto mi si dipinse sulle labbra, e, forse un po' teatralmente, alzai lo sguardo nella sua direzione. “Tutto qui, Mark?” gli domandai, ironica. “Hai sprecato l'occasione di una vita... lo sai, vero?” A cosa mi riferissi, ovviamente, era chiarissimo... almeno per me. Non aveva approfittato di quel mio momento di, umh, debolezza, se così vogliamo chiamarlo. Incredibile, no?
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view post Posted on 20/7/2011, 22:49




Mark Pace
link scheda - 20, 10.09.1987 ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
Un sorriso.. un dito puntato.. e una domanda sarcastica.
Eccola l’Ellie che conoscevo! E se faceva così.. se mi chiedeva qualcosa in quel modo, se mi diceva che avevo sprecato l’occasione della mia vita, non voleva forse significare tutto questo che ora, sì ora, tutto riprendeva come prima?
Io, lei, le nostre battaglie filosofiche, insomma non so perché ma quelle due semplici domande mi diedero molta più carica di qualsiasi altra cosa avesse potuto dire.
Probabilmente altrimenti mi sarei sentito in imbarazzo o sconfortato a seconda che mi avesse trattato come un animaletto in pena o mi avesse mandato a quel paese ma così.. non potevo desiderare risposta migliore.
Dentro di me sentii improvvisamente come i neuroni mettersi velocemente in corsa per trovare una risposta decente, ero come sicuro che più la mia risposta fosse stata efficace più stima avrei guadagnato di nuovo per lei.
E più di altre volte, più di quando era solo una semplice battaglia tanto per, sentii come il dovere di rispondere a tono: insomma non si trattava più del mio orgoglio qui, ma di dimostrarle che ero degno (?) di lei e della sua amicizia.
Intuii subito a cosa si riferisse la sua allusione.. Insomma poco prima aveva esitato e io.. non avevo sfruttato l’occasione ecco ed ora ero perfettamente convinto di aver fatto la scelta giusta.
Finalmente sparì un po’ di ansia del mio petto e il peso che mi ero trascinato tutti quei giorni si alleggerì.. sorrisi.. sì sorrisi perfino, stringendo le labbra per poi allargarle lentamente.. e so che sorrisero anche i miei occhi, o per lo meno, brillarono.. lo percepii. Insomma.. non vi capita mai di sentire che state sorridendo con tutti voi stessi?
Che ne so ad alcuni capiterà al concerto del cantante preferito, vedendo il vostro attore per strada o prendendo dalla buca delle lettere il pacco di un amico lontano.. a me successe in quel momento.
Ancora sorridente quindi le dissi tornando al mio abituale tono.. da saputello, vogliamo definirlo? Beh.. le dissi: ”Sei sicura che l’abbia davvero sprecata.. insomma.. probabilmente se l’avessi fatto mi avresti mandato a fanculo in un momento mentre.. ora.. ora sei ancora qui. ”
Aspettai che assimilasse questa prima parte e poi aggiunsi: ”E poi.. non si colpisce mai un avversario degno di spalle.. tu con me non l’hai fatto.. ho .. ricambiato la generosità. ”.
Era chiaro che ciò che volevo dire era che mi ero accorto benissimo della sua gentilezza nell’ascoltarmi senza prendermi in giro per ciò che avevo detto. Aveva ascoltato e rispettato ogni singola parola che le avevo rivolto ed ero sicuro non sarebbero mai state usate contro di me, proprio come io non avevo detto nulla contro di lui e non avevo commentato negativamente quelle pause.
Anche perché diciamolo.. fino a poco prima pensavo fossero solo il preludio del peggio!
Non volevo sforzare oltre la mano.. avevo anche pensato a dire qualcosa come “Hei quindi tutto risolto?” o simili ma.. mi erano sembrate opzioni così tremendamente precostituite e .. false da essere troppo stupide per una futura amicizia quale la nostra.
Insomma, pensavo che la cosa migliore fosse semplicemente riprendere, non dico come se nulla fosse accaduto, ma.. serbando entrambi la memoria e proprio per questo cercare di essere amici, senza però dare visivamente peso alla cosa..
Ok.. mi stavo decisamente convincendo di un suo perdono lo so.. ma.. son fatto così.. mi sembrava di percepirlo ormai.. e speravo di non rimanere deluso.
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view post Posted on 21/7/2011, 15:10
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eloise hawking
link scheda - 19, 14.04.1988 ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
Ecco, era bastato un attimo. Cercai di tranquillizzarmi, facendomi autonotare come tutto si stesse risistemando. D'accordo, fino ad un secondo prima tentavo di dire qualcosa senza successo, ma... era passata! Una piccola, piccolissima svista, ecco di cosa si trattava. Dovevo smettere di angustiarmi per ogni singolo particolare. Non sono sempre così ansiosa... va bene, forse non è del tutto vera come affermazione, ma meglio lasciar stare.
L'importante, adesso, era essere riuscita nel mio intento, ritrovando la me... normale, se vogliamo. Ora si trattava solo di comportarsi come al solito, lasciandosi alle spalle quell'episodio imbarazzante. Mi domandai se Mark se ne fosse accorto; o meglio, sicuramente doveva aver notato quella mia strana assenza di parole, ma... speravo non si fosse 'sconvolto' così tanto, come invece avevo fatto io. Insomma, non mi conosceva poi così bene da poter vedere una cosa del genere... no?
Per non parlare del fatto che, come gli avevo fatto notare, non aveva nemmeno sfruttato quell'occasione. Era stato... maledettamente leale. Non che non apprezzassi la cosa, anzi. Ma... possibile che fosse davvero così onesto? Chi lo è, ai nostri giorni? Anche la persona più integra del mondo... commette i suoi sbagli, o, comunque, si lascia trascinare dalla foga della situazione.
Per quanto stupita, però, mi sentivo anche... grata. Parola grossa, questa, ma era proprio così. Ero contenta che non si fosse approfittato della cosa. Era stato, come si suol dire, un galantuomo. Mi veniva da ridere a vederla così, ma non riuscivo a trovare parole migliori. Insomma, quella parola mi faceva subito saltare in mente persone di altri tempi, dai cavalieri ai signori di fine ottocento...! Sì, decisamente ridicola come cosa, ma sapete com'è, la mia mente galoppa spesso senza freni.
Ovviamente, però, non l'avrei reso partecipe di questi miei, umh, vaneggiamenti. Oltre ad essere sciocchi, erano anche imbarazzanti, se vogliamo. D'accordo che non aveva fatto nulla per sfruttare quel mio momento di debolezza, ma... vederlo spalancare gli occhi e ridere come un idiota per, e soprattutto, di me non era esattamente tra le mie priorità.
Cercai di dare una spazzata ai miei pensieri, quindi -ogni tanto ci vorrebbe davvero una Cenerentola qui dentro!-, mentre lo guardavo tornare a sorridere, con quel sorriso a cui non riuscivo a dare una definizione esatta. Aveva un che di scanzonato, ma anche di dolce, quel suo modo di fare. E quello sguardo non poteva non rimanere indietro... i suoi occhi ridevano, ridevano insieme al suo sorriso.
Mi ritrovai a fare lo stesso, di rimando, in modo completamente spontaneo. Forse il sarcasmo non era affilato come al solito, ma nemmeno ci pensai. Già, ero ancora lì, come diceva lui. E dire che, fino a pochi minuti prima, la mia priorità era scappare da quella voce che mi inseguiva, e, anzi, non darvi nemmeno ascolto. E' incredibile come le situazioni possano mutare da un istante all'altro, non trovate? “Non sono una persona così... volgare!” lo sgridai quasi, ridendo però. Anche perché, invece, aveva decisamente ragione. Diciamo che sono piuttosto sboccata nell'esprimermi, quando voglio... lui non ne aveva ancora avuto nemmeno un assaggio, però, quindi quella era stata solo fortuna!
Risi nuovamente, mimando, stavolta, un inchino. “Oh, vi ringrazio monsieur, quale onore!” non mancai di canzonarlo, ironica ma allegra, in quel buffo scimmiottare un ruolo che di certo non mi apparteneva. E così, lentamente, stava facendo capolino la Eloise che quasi nessuno aveva il privilegio di conoscere. Sono sicuramente un'acida rompiscatole, questo ve lo permetto, ma il mio essere non si ferma qui. Insomma, sarebbe assolutamente riduttivo definirmi solo in un certo modo! Non sta di certo a me, però, svelarmi per quello che sono. Siate pazienti, e tutto potrebbe cambiare...!
“Io ho bisogno di un caffè!”
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Working on a dream
view post Posted on 22/7/2011, 21:08




Mark Pace
link scheda - 20, 10.09.1987 ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
Non mi ero sbagliato! Lo capii subito non appena mi si rivolse con quel finto rimprovero, sostituito però presto da una risata genuina.
Sì, avete capito bene, non c’era malia, presa in giro né nulla in essa, avevo fatto ridere di cuore quella ragazza che prima sembrava tanto scontrosa e incapace di farlo se non per la beffe altrui.. Com’è che l’aveva definita Ritchie? Pazza? Ma dove? Certe volte le persone giudicano troppo dalle apparenze senza dar conto di ciò che si nasconde veramente sotto.. Non so perché, ma in queste occasioni credo di avere un certo intuito nel capire le cose: fin dall’inizio l’avevo notato che in lei c’era qualcosa di particolare, di diverso rispetto alle altre e, anzi, ora mi veniva se mai da domandarmi come mai avevo esitato tanto quella sera per andare o meno a raggiungerla in pizzeria. Dentro lo avevo sempre voluto però qualcosa mi bloccava. Forse è vero che ad andare con lo zoppo si impara a zoppicare..e mi ero fatto influenzare almeno un po’ da quel mucchione di amici. Poco male, alla fine la scelta giusta l’avevo presa grazie al cielo.
Ma torniamo a noi.. non appena fece quell’osservazione quasi istintivamente sollevai un sopracciglio guardandola in modo sarcastico e molto..molto dubbioso su ciò che aveva detto: non perché effettivamente mi avesse dato alcuna prova di esserlo o meno, però era divertente anche solo stare lì a prendermi gioco di lei ora che le cose sembravano lentamente esser tornate a posto.
Non sono un tipo che riesce a rimanere più di tanto sotto a qualcuno: l’amicizia deve essere un rapporto paritario o non esiste amicizia ma semplice servilismo.
Una volta mio nonno mi disse anche di non permettere a nessuno di provare pietà per me e.. ora credo fosse sempre per lo stesso motivo: l’atto in sé del provare pietà implica il fatto che qualcuno si stia elevando sopra di te a concederti questo suo onore e .. no, non lo sopporterei. Tanto più perché quelle parole mi rimbomberebbero nella mente e mi sentirei doppiamente in colpa, sia perché farei un torto a me stesso, sia e soprattutto perché lo farei a lui tradendo quella promessa. Forse è per questo che ho smesso di parlare apertamente di me e anche perché me la legai tanto al dito quel giorno in pizzeria alla domanda di Ellie..tutte le volte che ho provato a raccontarmi a qualcuno dopo venivo trattato come un poveraccio e non lo sopportavo..Tanto meno lo sopporterei da una come lei.
Quindi tornando a noi… penso che in quel caso valesse lo stesso: neanche ad Ellie avrebbe fatto piacere se io l’avessi compiaciuta in tutto e per tutto per il semplice motivo che mi sentivo in torto con lei.
Mi aveva perdonato? Bene, allora eravamo di nuovo 0 a 0:punteggio azzerato.
Dopo quel mio sorrisetto sfoderato lei non si fermò e rispose alla seconda parte del mio discorso in modo altrettanto ironico: insomma, mi ero vantato di doti quasi cavalleresche no? E giustamente lei mi aveva risposto con una riverenza e un tono terribilmente beffardo, anche se accompagnato da allegria e brio.
Stava cambiando me ne rendevo conto anche io ma.. non era un cambio negativo, anzi, mi stava mostrando un lato di lei che forse le era sempre appartenuto, nonostante all’inizio fosse troppo diffidente per mostrarlo.
Scoppiai a ridere anche io questa volta e poi simulando di essere all’improvviso incredibilmente serio e compito le risposi ”Dovere mademoiselle.. dovere..”.
Peccato che a metà della mia straordinaria interpretazione, per quanto breve fosse, mi ritrovassi già a ridere come un idiota.
”D’accordo sono poco credibile come cavaliere!” ammisi cercando di controllarmi un minimo, per poi continuare ironizzando su me stesso ”Non ho una levatura adeguata temo. ”. Sì, beh, un po’ bassino lo ero, anche se la cosa non mi aveva mai toccato più di tanto: avevo sempre saputo farmi rispettare a parole insomma, ma sono certo che se mai fossi dovuto venire alle mani con qualcuno la grinta che avevo sarebbe bastata a salvarmi.
Comunque, se non altro ero alto almeno un po’ più di lei dunque.. potevo sentirmi tranquillo in quella battuta.
All’improvviso lei sbottò fuori con una proposta che, messa così, mi sbalordì e rimasi un attimo a fissarla senza sapere se dovevo commentare o meno poi alla fine pensai che effettivamente anche io avrei avuto bisogno di un caffè e che quindi avrei anche potuto farle compagnia. Di tempo libero ne avevo insomma per almeno altre due orette e poi sarebbe stato piacevole consolidare un po’ quella sorta di amicizia che si stava ricreando dopo il mio casino.
Strinsi le labbra come a far finta di riflettere e poi dissi ”Anch’io ne berrei volentieri uno.. Sai, il mio prof di diritto ha effetti dopatici su chiunque.”. Sorrisi un po’ e poi aggiunsi riprendendo un tono più.. “aristocratico” come a riprendere la farsa di prima : ”Se la signorina qui presente lo gradisce sarei lieto di accompagnarla al bar dell’università.”.
La guardai sorridente e attesi la risposta a quella mia proposta.
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view post Posted on 24/7/2011, 19:51
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eloise hawking
link scheda - 19, 14.04.1988 ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
Perché pentirmi di quello che era appena successo? In fondo, non avevo fatto assolutamente nulla di male. Se non, certo, perdonarlo così, come se niente fosse. Aspettate, siete già in errore! Cosa vi dice che l'avessi davvero perdonato? E, anzi... cosa vi dice che dovessi perdonarlo?
Ricordate? Non c'era motivo per cui io fossi così, così... incazzata, ecco. Quindi, allo stesso modo, non aveva senso che rivangassi ancora la questione.
Dovevo ammettere persino a me stessa che no, la situazione non mi infastidiva. O meglio, il punto era un altro. Lui, Mark, la sua compagnia... beh, non erano così male, ecco tutto. Quindi, perché andarsene o scacciarlo? Chiaramente continuava ad innervosirmi, con quella sua calma completamente assurda, ma, per il resto, non era da buttare. Sapeva rispondere a tono, non si lasciava sfuggire niente e... era ancora lì, in fondo.
Per non parlare del fatto che, anche solo quella mattina, non faceva che stupirmi. Non che facesse cose eclatanti o stranissime, ma... sembrava sempre trovare i modi più insoliti per 'contrattaccare' ogni mia mossa. La sua stessa decisione di comportarsi in quel modo, di venirsi a scusare... insomma, non era tenuto a farlo. Era stato fin troppo sincero anche davanti seduti a quel tavolo, rivelandomi tutta quella storia della scommessa. D'accordo, se ripensavo a questo punto ancora mi sentivo stizzita, ma... per quanto possa sembrare strano, detto da me, era acqua passata, ormai. Insomma, arrabbiarsi è una cosa, tenere il muso per secoli un'altra...!
Ma comunque, in ogni caso, non ero tenuta a dare spiegazioni a nessuno. Né a Mark, né al mio cervello, soprattutto. Sono una persona razionale, che ci crediate o no. Di solito, almeno. Talvolta, però, trovo sia meglio seguire l'istinto. Istinto che, in quel momento, mi diceva di lasciar perdere rancori ed odi vari, continuando invece a ridere divertita, come poco prima. Lo so, non ho bisogno che me lo facciate notare. Sono una persona decisamente strana. E allora?
Fu in quel momento, poi, che mi accorsi di non averlo mai sentito veramente ridere, nei nostri precedenti incontri. Certo, qualche situazione del genere c'era quasi stata, ma... nessuno dei si era mai lasciato andare in quel modo. O almeno, io parlo per me. Per quanto avessi già riso svariate volte, punzecchiandolo, fu allora che mi lasciai del tutto andare. Cercai di trattenermi, però, per continuare quell'improvvisata scenetta che stava prendendo forma.
Lo guardavo di sottecchi, mentre simulava a sua volta un fare compunto ed aristocratico, dicendo che, in effetti, non poteva essere altrimenti. Gli rivolsi un finto sorriso altezzoso, sollevando appena il mento. Scoppiai nuovamente a ridere, però, dopo pochi istanti. Ecco, ammetteva di non essere un bravo cavaliere.
“Non bisogna mai dare giudizi personali su queste cose. Devono essere gli altri a farsi un'opinione, a riguardo.” gli feci notare, come se fosse la cosa più normale del mondo. Certo, come no! Sentir uscire quelle parole dalla mia bocca doveva essere... beh, piuttosto strano. Per quanto mi sembri di non essere così, umh, drastica, mi rendo conto di essere un tantino eccessiva, forse, alle volte... comunque, appunto! Non sta a me giudicare i miei stessi atteggiamenti!
Sentendolo poi aggiungere qualcosa che, indubbiamente, era riferito alla sua altezza, ridacchiai nuovamente, facendo un passo avanti. Non c'erano molti centimetri a distanziarci, ma mi alzai appena sulle punte, fissandolo direttamente negli occhi. “E cosa importa? Non è da questo che si giudica un cavaliere!” Inevitabilmente, senza che nemmeno me ne rendessi conto, sorrisi di nuovo, in modo solare, forse, per una dannata volta. Appena me ne accorsi, però, tornai ad appoggiare completamente i piedi per terra, uscendomene con l'idea del caffè.
Naaa, niente strani pensieri. Sono assolutamente drogata di caffeina. La mia era una richiesta non solo lecita, ma anche normalissima. Mi parve di vedere l'espressione di Mark cambiare, ma solo per un attimo. Solo qualche istante dopo, però, tirò in ballo... “Il famosissimo prof Canon, non è così?” mi informai, guardandolo con la coda dell'occhio. “Non c'è studente che non sia d'accordo con te, per quel che ne so! E' una vera piaga, ma... si spera sappia fare il suo lavoro, almeno.”
Il discorso serio, però, decadde ben presto, dal momento che Mark tornò ad atteggiarsi come poco prima, al mio nobiliare inchino. “Vediamo...” mormorai, fingendomi pensosa. “... L'ultimo che arriva paga da bere!” Quasi non avevo nemmeno finito di parlare, che già correvo, diretta, in realtà, non molti metri più in là.
Come dire? Hakuna matata...!
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Working on a dream
view post Posted on 27/7/2011, 13:48




Mark Pace
link scheda - 20, 10.09.1987 ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
Mi guardava altezzosa un secondo prima, scoppiava a ridere quello dopo. E lo stesso valeva per me! Lentamente, ad ogni istante, le barriere che si erano erette tra di noi si stavano abbattendo una ad una e iniziavamo a interagire come se fossimo sempre stati grandi amici. Il fatto è che io lo sapevo, lo sapevo fin dall’inizio quando lei non voleva nemmeno sentirmi parlare che eravamo nati per esserlo.
La cosa sorprendente è che in lei era cambiato tutto e all’improvviso, come se davvero prima avesse percepito quel lato nascosto in me, quella bugia che mi rodeva dentro e che mi impediva di essere totalmente me stesso come a lei di esser totalmente se stessa.
Ora ero contento di come si erano messe le cose. Anzi si può dire che mi fece quasi un complimento? O almeno io lo volli pensare tale, se no, se avesse condiviso la mia opinione non avrebbe certo fatto quell’uscita, giusto?
Ok, volevo sapere meglio e definitivamente la sua opinione a dire il vero per evitare di ritrovarmi a fare stupide considerazioni o viaggioni su me stesso che si rivelassero poi un totale fallimento e in fondo lei stessa se lo era cercata che io glielo domandassi di rimando. Non feci in tempo però a chiederglielo subito perché dopo aver sorriso alla mia battuta –sì l’aveva capita!!- commentò ironicamente il fatto che non si dovesse giudicare da quello un cavaliere e per tutta risposta si mise sulle punte finendo quasi per sovrastarmi.
Una cosa era certa, con un paio di scarpe col tacco mi avrebbe superato.. ci sarebbe stato tempo però per impedirle quegli escamotage che il mio orgoglio tentava di evitare. Insomma, ovviamente nessuno mi avrebbe messo i piedi in testa, ma ricercare il fatto di esser più basso anche di una ragazza poteva un pochinino imbarazzare.
Comunque lei stessa si mise a ridere e questa volta fu proprio di gusto e in modo solare. Non era certo la ragazza mangia uomini che poteva sembrare in principio. Anzi era una persona deliziosa.
Sorridendo a mia volta, tornando ad esporre quella mia vena di sarcasmo e ironia, le domandai con fare un po’ strafottente e da inquisitore: ”Ah si? Tesi impeccabile.. anche se a dire il vero un difetto ce l’ha..” . La sfidai un attimo con lo sguardo e poi proseguii ” Vedi, io temo di considerarmi il miglior critico di me stesso”. Dopo una piccola altra pausa poi aggiunsi di nuovo ”Anche se questo ovviamente non mi impedisce di voler ascoltare con estremo piacere il parere degli altri.. specie nel caso volgano a favore del mio carissimo orgoglio personale.. Quuiiindi.. dato che l’essere un cavaliere hai detto che non dipende da questo” e misi un palmo della mano all’altezza di dove finiva la mia testa nell’aria ”… vuol dire che mi ritieni seriamente tale?” . Ovviamente stavo scherzando, ma ero anche curioso, come sempre con lei.
Quando accennò al prof Canon feci per un attimo un’aria sorpresa: sapeva chi era dunque.. Ottimo, un altro punto in comune e da parlare a riguardo ne avrei avuto per secoli, ma a quel punto si rifece strada nella mia mente una domanda che già mi aveva assilato in pizzeria, anche se era poi stata messa da parte a causa degli eventi seguenti: insomma.. che diavolo di corso frequentava lei? Possibile che non lo sapessi ancora? Ora era sicuramente il momento migliore. Così partendo con qualche preambolo dissi: ”Sì, decisamente, anche se sul fatto che sappia fare il suo lavoro avrei seeeri dubbi. Stiamo andando a rilento come delle lumache, si perde in cose assolutamente senza senso, poi però ovviamente pretende che per l’esame ci prepariamo tutto ergo.. ciò che non si fa qui è da recuperare a casa, una vera rottura..Hai presente quei prof che basta che gli domandi qualcosa e riescono a perderci sopra mezz’ora? Ecco quelli.. Il problema è che quegli intelligentoni dei miei compagni di corso non capiscono quanto la cosa sia controproducente.” Ecco, era arrivato il momento ”Tu… tu invece che cosa studi? Non me l’hai ancora detto credo.. ” Indicai con un cenno della testa il pacco di fogli volanti che aveva dentro a una busta rossa trasparente che reggeva in mano ”So che ti piace scrivere ma.. di preciso?”.
Poi la situazione degenerò nell’assurdo anche se devo dire che il momento esatto in cui avvenne fu fantastico.. Un attimo prima parlavamo più o meno seriamente e quello dopo… scoppiai letteralmente a ridere come un imbecille quando sentii la sua proposta e me la vidi partir di corsa sparata verso il bar.
E chi se l’aspettava da lei? Sul momento persi anche del tempo nel guardarla allibito, poi però mi misi a correre a mia volta.
Insomma.. era pur sempre una sfida se vogliamo e se non si fosse già capito, sembravamo adorarle entrambi!
Sono un ottimo corridore e non misi molto a recuperarla e a dire il vero alla fine riuscii anche a sorpassarla, ma poi all’ultimo rallentai e lascia che fosse lei a vincere il premio.. Insomma un vero gentleman non poteva permettere che fosse la signorina a pagare.. E io sapevo che mi avrebbe ucciso per la vittoria concessa.. motivo in più per farlo insomma.. Era troppo divertente.
Comunque non posso certo dire che fu facile vincere.. Non ci fu certo un netto vantaggio o simili.. Lei si catapultò dentro all’ingresso e poco dopo la seguii io, mentre tutti gli studenti e professori dentro si giravano mezzi sorpresi nel vedere noi, che sembravano molto probabilmente due pazzi dato che entravano correndo, col fiatone e ridendo dentro ad un bar. Avrei voluto poter immortalarci in quel momento!
”Sembra che dovrò esser io a pagare..” dissi poi sorridente, aspettandomi una delle sue risposte.

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eloise hawking
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Bene, finalmente avevo superato la fase del 'sì, sono impazzita'. … D'accordo, non è affatto vero, ma... come dire? Forse stavo semplicemente cominciando ad assimilare i fatti. Non era esattamente da me comportarsi così... oppure sì? Insomma, dipendeva dalle situazioni. E dalla compagnia, soprattutto.
Ecco, tutto sta in questo. Sarò anche un'acida zitella che ama fare la saputella, ma... dicono, quindi non è farina del mio sacco, stavolta, che sia anche una persona simpatica. Quando voglio, certo. Potrei portarvi qualcuno disposto a testimoniare a mio favore. No, nessuno di loro è stato stordito dalle mie chiacchere a raffica. Né minacciato, come volete.
Semplicemente... una parte di me non è poi così male. Credo. Insomma, è sopportabile, almeno. Questa parte, per quanto sia nascosta, c'è. Le piace ridere, dire idiozie e... beh, essere anche gentile. Solo un pochino, sì, ma questo finisce sempre per fregarla.
Cosa c'entra tutto questo? Mi sembra più che comprensibile! Vi suona forse così strano che questa me, umh, nascosta... stesse facendo capolino?
D'accordo, nei giorni precedenti ne avevo dette e fatte di tutti i colori, maledicendo Mark in tutte le lingue del mondo e... e adesso mi comportavo così? Un cambiamento tanto repentino... ecco, questo sì che è da me.
Lo so, lo so, sono altamente contraddittoria. Per non dire... nociva. Ma questa è un'altra storia. Nemmeno io mi capisco fino in fondo, però questo non deve saperlo nessuno.
Il punto, comunque, era un altro. Avevo deciso di smetterla di lambiccarmi il cervello sul perché del mio atteggiamento. O almeno, volevo provarci. Anche perché, davvero, non era poi così strano in fondo. Mi capita di cambiare drasticamente idea, di tanto in tanto, e di cambiare rotta... o, più semplicemente, un certo pensiero prende il sopravvento, e a quel punto è la fine!
Per quanto sia testarda -vedete? Almeno lo riconosco!-, non è che mi fossi fissata sul 'sì, odiamo allegramente Mark!'. Forse un pochino, all'inizio, ma spesso mi capita di fare questo genere di, umh, pensieri. Insomma, non tutti sono degni della mia attenzione. Naaa, non mi sopravvaluto affatto! Sono semplicemente concreta!
Comunque, ecco, per quanto forse, in un primo momento, fossi quasi propensa all'ignorarlo bellamente... beh, evidentemente una parte di me non la pensava così. Altrimenti come si spiegava quel mio... lasciarmi andare, se vogliamo?
Eccoci nuovamente al punto. Dannazione, sono incorreggibile! Cercai di piantarla per l'ennesima volta, ma non fu facile. O meglio, diciamo che il sorriso continuava a spuntarmi sulle labbra senza che me rendessi conto, mentre, tornata a poggiare del tutto i piedi per terra, lo guardavo divertita.
“Decisamente modesto, non c'è che dire...!” lo presi in giro con l'ennesimo sorrisetto pieno di ironia, incrociando le braccia per sottolineare quelle parole. A sua detta, non c'era miglior critico, sulla sua stessa persona, che... Mark, appunto. Non ero esattamente certa di poter dire lo stesso di me, ma non commentai nulla a riguardo. Anzi, lo lasciai continuare, senza smettere di guardarlo ironica.
Ah, ancora la storia del cavaliere! Scoppiai a ridere, scuotendo appena il capo. “Te la sei proprio legata al dito, eh?” lo presi in giro “Comunque... non lo so. Insomma, siamo sempre allo stesso punto. Non posso e non voglio partire piena di... pregiudizi.” Ovviamente sottolineai quest'ultima parola, sapendo che avrebbe ricordato tutto un certo discorso anche a lui. Insomma, era stato proprio Mark a dire che io partivo già prevenuta... sì! Stavolta ero la sottoscritta a non dimenticare.
Intanto eravamo finiti a parlare del suo professore di diritto. Lo conoscevo per fama, non frequentando, per fortuna, i suoi corsi. Mi sarei di sicuro annoiata a morte. Non solo per il soggetto, ma anche... per la materia! Mmh, quel tono da finto tonto, però, non mi ingannava.
Feci una mezza smorfia, stringendo pensosa le labbra. Ah ah, beccato! “Come mai così interessato?” non potei fare a meno di commentare, mentre sulle labbra mi si dipingeva il solito sorrisetto. Sciolsi le braccia, tenendo ancora, con la mano destra, la busta rossa ben stretta tra le dita. “Prova ad indovinare! La tua arguzia ti ha già portato sulla strada giusta... manca poco, ormai!” D'accordo, non mi costava niente svelargli l'arcano mistero, ma... così era più divertente!
Anche perché, un attimo dopo, eccomi a correre a perdifiato verso il bar dell'università! Ridevo, passo dopo passo, sentendolo avvicinarsi. No, dannazione, non potevo farmi battere! Ed invece, qualche secondo dopo, lo vidi sfrecciare alla mia sinistra. Cercai di accelerare, ma non ci fu verso. Era sempre davanti!
Mancavano sì e no pochi passi alla porta del bar, quando... inchiodò di colpo! Non riuscii a fermarmi in tempo, e, per inerzia, continuai a correre fino all'entrata. A cui, ovviamente, caddi praticamente addosso. La aprii, infine, scoppiando nuovamente a ridere. Non avevo più fiato, ma non riuscivo a trattenermi!
Un secondo dopo Mark mi seguì, ridendo a sua volta. Lo guardai, con il viso arrossato per la corsa, con ancora la risata sulle labbra. Che tutto il bar ci fissasse stranito era un dato di fatto, ma non me curai minimamente.
“Cooosa?” esclamai, fissandolo sbigottita, come se avesse detto chissà quale eresia. Scossi risoluta il capo, per poi andare a sedermi ad uno dei tavolini. “Tu hai magnificamente barato, così non vale!” Stavo per togliermi il cappotto, quando mi venne l'illuminazione. “Aspetta!” cominciai platealmente, come se stessi davvero per dire chissà cosa. In realtà, però, il mio tono era decisamente sarcastico. “Era un modo per farti dare del cavaliere, vero? Era questo quello che volevi, ammettilo!”
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•but I still haven't found what I'm looking for•

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Working on a dream
view post Posted on 28/7/2011, 14:33




Mark Pace
link scheda - 20, 10.09.1987 ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
Sorrisi quando mi fece il complimento del modesto e commentai ironicamente: ” Ammetto che effettivamente è uno degli aspetti di me che dovrei affinare, ma non vorrei rischiare di destare troppa invidia essendo tanto perfetto.. Insomma, sono un uomo anche io.. e una vita di perfezione è tremendamente difficile..” Terminai con un tono davvero spossato simulando tutta quella gran fatica in un modo molto simile a quello di quei riccastri dei telefilm che si lamentano perché “oddio oggi ho dovuto portare una shoppers perché non avevo lo schiavetto e sto per morire!”. Insomma credo di aver reso bene l’idea.
Lei continuava a fissarmi con un sorrisetto ironico in cui però ogni tanto si notavano balenii di un sorriso più sincero.
In fondo è una mia dote quella della simpatia non l’avevo mai nascosta! Sono un tipetto piuttosto estroverso, se non si fosse capito, e la timidezza non rientra esattamente nel mio schema di agire. Dunque.. non mi sorpresi insomma del fatto che lei stesse sorridendo di gusto, anche se ovviamente con lei tutto riusciva più semplice in qualche modo. Per meglio dire, le battute che potevo permettermi di fare con lei erano sicuramente ad un gradino più elevato e decisamente più piacevoli delle facezie che dovevo mostrare tra gli altri.
Per l’ennesima volta quindi realizzai come un’amicizia con lei potesse diventare preziosa a una persona come me: badate bene, certo non in senso di approfittarne.. Non ne sarei mai nemmeno capace. Preziosa proprio per la sua stessa essenza così semplice e genuina.
Si può dire che col passare dei minuti lei stesse sempre più diventando il surrogato di quell’amicizia che non avevo mai avuto il piacere di avere da quando ero giunto in America.
Ad ogni modo, stavo parlando di lei no? Del suo sorriso.. non mancò certo di prendermi in giro di rimando e anche, con ottima abilità, di ritirare fuori i tristi commenti che avevo fatto su di lei alla pizzeria, insomma, quando l’avevo definita piena di pregiudizi.
Strinsi le labbra guardandola negli occhi: dannazione se aveva ragione al momento. Ora sembrava non averne più di pregiudizi.. Però di una cosa ero abbastanza certo.. all’inizio gli aveva verso di me e forse.. anche a ragione, dato gli sviluppi.
Comunque tanto per cambiare non gliela diedi certo vinta così e dissi: ”Ovvio che me la lego al dito..E comunque.. ne sono ancora convinto sai?”
Sorrisi appena e poi prosegui Tu avevi dei pregiudizi verso di me, forse creati anche dal tuo inconscio ma li avevi. Comunque.. ora non sono più tanto importanti e spero di dimostrarlo sempre di più col tempo.. Le persone più complicate sono quelle più difficili da inquadrare no?”.
Mi domandò poi perché ero interessato al suo percorso di studi. Ovviamente sarebbe stato troppo facile suppongo se me l’avesse spiattellato chiaro e tondo lì davanti e non potei evitare di risorridere: eravamo terribilmente simili anche in quel modo di agire. Ogni cosa era una piccola vittoria per noi.
Comunque suppongo dovessi esserne lusingato: mi aveva dato dell’ arguto e, d’altra parte, già in partenza non avrebbe mai sprecato tanto tempo con una persona se l’avesse ritenuta idiota, tanto più che ora non doveva portare rispetto a nessun patto.. era libera come l’aria di agire come più le piaceva e ora.. era ancora lì davanti a me.
Mi misi a riflettere.. non potevo certo deludere l’alta opinione che si stava facendo di me! La guardai negli occhi, mentre mordevo lentamente il labbro inferiore ritraendolo indietro. Le piaceva scrivere… scrittrice forse? O… giornalista? Non vedevo sinceramente tante altre possibilità.. e per quanto ne sapessi quest’università statale non era abbastanza all’altezza da tener corsi da futuri scrittori in erba.. rimaneva dunque giornalismo..
Un po’ a dire il vero mi sarebbe dispiaciuto se fosse davvero stata un giornalista, non era un mestiere che stimavo particolarmente.. Lo trovavo un po’ troppo costruito e falso, insomma anche solo il titolo era già un trarre in inganno la gente per invitare a leggere un articolo… No, non era esattamente il mio genere di cose.
Vabè che parlavo io.. futuro avvocato. Ero entrato all’università di giurisprudenza con alte aspettative e fiero del mio alto senso di giustizia e preso da questi ideali avevo realizzato troppo tardi che, specie all’inizio quando devi farti un nome, se vuoi sopravvivere, devi accettare i casi più disperati e difendere chi proprio di ragione non ne ha.
Mi ribolliva il sangue al solo pensiero che avrei dovuto difendere, che ne so, un omicida che avrei tanto volentieri chiuso subito tra quattro mura!
Continuavo a ripetermi che una volta superata quella fase avrei fatto ciò che veramente mi piaceva ma.. non era facile. E nel frattempo dovevo studiare, imparare a memoria quella marea di articoli, date e chissà che altro.. anzi magari finire pure a fare da leccapiedi-segretario a uno stupido avvocato!
Beh..ad ogni modo qui non si trattava di me ma di lei.. peccato che non avessi avuto modo di risponderle al momento dato che avevamo iniziato quella corsa.
Una volta dentro al locale ci sedemmo e lei, come mi aspettavo, si ribellò bellamente alla mia trovata del lasciarla vincere.
Peccato che , da intelligente qual era avesse già anche intuito il mio scopo, così mettendomi una mano sul petto dissi con fare solenne ”Confesso umilmente che effettivamente lo scopo era solo e puramente quello! ” Mi misi a ridere e poi le chiesi sorridendo ”Però.. il gesto era molto cavalleresco ammettilo! Me lo merito quel titolo!”.
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• Vivere è la cosa più rara al mondo.
La maggior parte della gente esiste, e nulla più •

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